Sapete cosa rende i sogni così tremendamente affascinanti? Il fatto che possano realizzarsi. E gli incubi? Stessa identica cosa. Il perché di questo sofismo spicciolo è quanto di più si avvicina alla concezione di quello che è stato Daymare 1998 per i ragazzi di Invader Studios e per i giocatori che si ritroveranno gettati nelle fauci dell’orrore che gli si prospetta. Di Daymare 1998 si è ormai detto tutto e il contrario di tutto, soprattutto da parte della stampa nostrana, complice il fatto che la notorietà acquisita da questo piccolo studio romano per essere stati convocati direttamente da Capcom dopo aver saputo che fossero al lavoro su un remake di Resident Evil 2, con conseguente stop ai lavori per ovvi motivi e cambio brusco di direzione per lo studio. Dopo anni di lavori e probamente migliaia di ore spese in programmazione, Daymare 1998 (anno di uscita di Biohazard 2, tra l’altro), è finalmente arrivato su PC, annunciando al mondo cosa è possibile fare attraverso la passione, anche partendo da un semplice scantinato della provincia romana (licenza poetica che mi permetto, visto che era sotto il mio vecchio appartamento -ndr-).
Non era il mio primo giorno
Daymare 1998 racconta la storia della sfortunata cittadina americana Keen Sight caduta preda di attacco biologico , scaturito per cause ignote, che trasforma le persone in mostri assetati di sangue. Vivremo le terrificanti vicende di Keen Sight attraverso gli occhi di tre personaggi ben distinti, un soldato dei reparti speciali, un pilota e una guardia forestale, tutti con le loro motivazioni, diversi modi di reagire e di volontà differenti, andando a definire un arco narrativo complesso e sfaccettato, non assolutamente banale, cosa che invece può sembrare soprattutto se ci si lascia fregare dalle apparenze. La città infestata dagli zombie, il laboratorio labirintico dove viene creato il virus, le cospirazioni corporative che cercano di insabbiare tutto; chiunque abbia giocato un minimo a qualsiasi survival horror troverà punti di raccordo con la trama di Daymare 1998, ma è proprio su questi punti che la storia prende una direzione tutta sua, raccontando a modo suo una vicenda non originale, ma rendendola avvincente. Già dalla prima parte, che funge da lungo tutorial per i livelli più avanzati, si capisce quanto il team di sviluppo abbia voluto puntare tutto sull’atmosfera cupa ed inquietante non solo derivata dalla presenza di creature da incubo, ma anche di azioni immorali compiute dagli stessi protagonisti, che ci hanno lasciato sinceramente scossi. A proposito di atmosfera, in Daymare 1998 questa è tutto: il titolo di Invader Studios è davvero inquietante e riesce nella non facile impresa di rimanere tale anche nelle fasi più avanzate del gioco, quando in realtà dovremmo esserci abituati all’orrore. Tutto è studiato alla perfezione, dalle illuminazioni, ai suoni, alle ombre e ai rarissimi jumpscare; tutto nell’insieme contribuisce a creare una sensazione d’ansia che abbraccia il giocatore, complice anche un gameplay immersivo e per certi versi originale su cui approfondiremo tra pochissimo. Daymare 1998 è però su tutto un gigantesco omaggio a Resident Evil e a i fan della saga storica di Capcom; in ogni livello trovare dozzine e dozzine di easter eggs, citazioni, richiami e omaggi ai vecchi capitoli della serie, con tanto di collezionabili da trovare sparsi per Keen Sight, cosa che siamo sicuri farà andare in visibilio gli estimatori. Peccato però che l’intera struttura non regga fino alla fine, del gioco, dove una conclusione per certi versi troppo affrettata rischia di rovinare l’eccellente lavoro di caratterizzazione.
Sembra che la tua festa sia stata annullata
Parlando del gameplay, Daymare 1998 è un ritorno ai survival horror anno 90 nel vero senso della parola. Per certi versi è ancora più hardcore e ragionato del remake di Capcom di Resident Evil 2, per due motivi ben distinti. Il primo è che come omaggio, Daymare ripercorre esattamente la stessa strada dei vecchi survival, avvicinandosi alle meccaniche di Resident Evil 4 e Dead Space, ma prendendo poi usa direzione tutta sua, fatta di pesantezza ed inadeguatezza al combattimento da parte dei protagonisti, tutto strutturato in modo tale da farvi sentire costantemente vulnerabili. Non c’è la possibilità di mettere in pausa il gioco mentre si scorrono l’inventario o gli indizi, le munizioni sono scarse, non si può schivare assolutamente nulla e i movimenti dei protagonisti sono lenti e macchinosi (anche se l’attacco in mischia è estremamente potente e un filino sbilanciato). L’altro punto a favore di Daymare 1998 è l’introduzione di un nuovo sistema di ricarica delle armi, che riesce ad rendere ancora più ansiogeno e immersivo il gioco, aggiungendo anche una componente strategica diversa dalla semplice gestione dell’inventario. In parole povere, potremmo ricaricare le armi in maniera lenta o veloce; scegliendo la prima, la ricarica sarà più lenta ma esattamente come siamo abituati a percepirla nei videogiochi, con il cambio del caricatore ma con l’ammontare dei proiettili in nostro possesso invariato. Se invece si opta per la ricarica veloce, questa sarà quasi istantanea, ma il caricatore verrà gettato a terra, con tutti i proiettili residui che verranno persi. Sarà ovviamente possibile recuperarli in seguito, ma è altamente sconsigliato farlo in presenza di nemici. Per questo dovremmo gestire una moltitudine di variabili durante gli scontri, dallo spazio occupato dai caricatori al numero di proiettili all’interno degli stessi, rendendo ogni singolo scontro, anche quello più banale, una vera e propria gara di nervi. Questa novità assoluta è ciò che a nostro parere rende Daymare 1998 un gioco da provare comunque, nonostante la chiara volontà di rivolgersi ad una fetta ben precisa di pubblico. Tornando al gioco, durante la nostra avventura, o sarebbe più corretto dire incubo, non incontreremo alcun tipo di aiuto al di fuori di appunti e documenti sparsi lungo le rovine dei livelli, utili più che altro a scoprire alcuni inquietanti retorscena della storia e risolvere i puzzle, componente ovviamente imprescindibile per un titolo che si rifà direttamente agli anni 90. Alcuni di questi sono meglio riusciti di altri, ma è indubbio come la loro presenza riesca a riportarci indietro nel tempo e a far prevalere la nostalgia sull’angoscia. Lo stesso non possiamo dire delle bossfights, che rimangono abbastanza anonime e sembrano quasi delle versioni leggermente più dure da abbattere dei normali nemici, errore dovuto sicuramente all’inesperienza del team.
Such a lovely place
Veniamo ora alla parte dolente della produzione, quel comparto tecnico che per tutti gli studi di sviluppo senza un budget degno di questo nome rappresenta un ostacolo non indifferente. Purtroppo Daymare non è da meno, con una modellazione dei personaggi e dei loro volti eccessivamente approssimativa e fin troppo “finta”, contrariamente invece agli ambienti e ai mostri, su cui è palese il tocco di Satoshi Nakai, il designer del leggendario Code Veronica, davvero d’impatto. Oltre alla modellazione, l’altro grande problema di Daymare 1998 è la gestione delle collisioni, in quanto è difficilissimo capire se si è riuscito a colpire un nemico e dove, rendendo davvero complicato intuire se un mostro è stato ferito o meno. Da rivedere anche i particellari, soprattutto del fuoco, leggermente approssimativi. Discreto il sonoro, con un doppiaggio che fa il suo dovere ma che risulta purtroppo fuori sincrono nelle cutscenes, cosa che rovina non poco il lavoro fatto. Parliamo tuttavia di difetti legati alla parte puramente tecnica, che se comunque influenzano lievemente la giocabilità, non intaccano l’atmosfera malata e angosciante di Daymare 1998.
PRO:
- Atmosfera incredibile
- Survival vecchia scuola
- Meccanica della ricarica originale ed interessante
- Un atto d’amore ai giochi degli anni 90
CONTRO:
- Tecnicamente ha delle mancanze importanti
- Audio fuori sincrono
- Troppo lineare in alcuni passaggi
- Boss fight anonime
Versione testata: PC
Voto: 7,5